La Turchia, grande paese musulmano di oltre 82 milioni di abitanti, fa spesso parlare di sé per il mancato rispetto dei diritti umani, per il crescente fondamentalismo religioso, per la spregiudicata politica internazionale.
Ma noi preferiamo parlarne per un'iniziativa che mostra quanto un umile servizio testimoni il grande impegno della Chiesa. A Istanbul si trova il carcere femminile di Bakırköy, dove sono recluse donne straniere, con pesanti condanne (che possono arrivare fino a 25 anni di prigione).
Molte di loro soffrono di attacchi d'ansia causati dall'isolamento e da forti depressioni. In questa difficile situazione, la Pastorale penitenziaria diocesana del Vicariato Apostolico di Istanbul offre un servizio di visita alle donne incarcerate. La direzione del carcere permette di incontrare soltanto quelle che si professano cristiane.
Suor Miriam Oyarzo, insieme a una équipe ecumenica, offre alle donne un sostegno spirituale attraverso la preghiera, l'ascolto e qualche aiuto economico.
AMNISTIA E ACCOGLIENZA
Con l'emergenza dell’epidemia Covid-19, un ulteriore problema si è presentato con grande urgenza: le autorità penitenziarie, in seguito a un’amnistia, hanno scarcerato per motivi sanitari alcune recluse, volendo evitare, per quanto possibile, il diffondersi della malattia nella prigione.
Perciò le Suore e i Padri Francescani di Istanbul[Link] si trovano ad accogliere e assistere venti donne rimesse in libertà, inermi e prive di tutto. Le Suore hanno messo a disposizione un ambiente ospitale e caloroso: una "famiglia", che possa aiutare ognuna di loro ad avere un luogo, una "casa" favorendo le condizioni per riprendere la loro libertà e l'autostima personale. Inoltre, le Suore cercano di offrire assistenza medica e di fornire tutte le medicine di cui hanno bisogno. Suor Miriam lancia un appello a Cuore Amico perché l’accoglienza e il reinserimento di queste donne sia concretamente possibile. Le spese sono tante: oltre alle medicine sono necessari prodotti per la casa (detersivi, disinfettanti, guanti), prodotti per l'igiene personale, mascherine, abiti (le donne scarcerate non avevano nemmeno un abito), scarpe, biancheria, asciugamani.
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