«Una grave carestia di pace». È la piaga che, secondo papa Francesco, affligge il mondo dilaniato dalla «terza guerra mondiale a pezzetti». Una delle tessere di questo tragico puzzle è il Myanmar, il Paese del sudest asiatico, un tempo chiamato Birmania, funestato dal colpo di Stato del 1° febbraio 2021 che ha provocato più di 2mila vittime civili e quasi un milione di sfollati.
Decine di chiese sono state distrutte da attacchi aerei e bombardamenti di artiglieria. Migliaia di persone sono in fuga nella giungla o nella vicina India, con gravi ripercussioni in particolare per anziani, disabili, bambini, donne e malati.
Sacerdoti, diaconi, religiose, catechisti e volontari cercano di sostenere e assistere chi fugge in luoghi più sicuri.
Per questo fr. Philip Hla Phone, padre provinciale per il Myanmar dei Missionari della Fede, chiede intenzioni di Messe per i sacerdoti rifugiati nelle foreste insieme ai fedeli. «Hanno bisogno di tutto, alimenti, medicine, vestiti e quanto serve per sopravvivere» racconta.
«Diamo speranza» a loro e a un Paese per cui, proprio alla fine del 2022, si è aperta una piccola feritoia di luce: il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la sua prima risoluzione sul Myanmar dopo il colpo di Stato del 2021, in cui si chiede di liberare tutti i prigionieri politici e la fine delle violenze, soprattutto nelle zone più remote del Paese. Cina, India e Russia non si sono opposte ma astenute, segnale che la giunta militare birmana dovrebbe interpretare con inquietudine.
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