Nel nord del Congo, provincia di Haut-Uélé, si trova una comunità di 1.200 pigmei che vivono in 29 villaggi. Sono circondati dalla foresta e completamente isolati a causa della mancanza di infrastrutture stradali e di mezzi di comunicazione. Per raggiungere le città più vicine bisogna percorrere centinaia di chilometri in moto, in bici o a piedi.
«I pigmei vivono di ciò che trovano nella foresta: sono cacciatori, pescatori e raccoglitori. Non fanno scorta e non hanno la tendenza a risparmiare o accumulare risorse quando necessario. La foresta costituisce la loro principale fonte di sostentamento e, quando hanno bisogno di denaro, non conoscendone il valore vengono sfruttati con lavori precari e mal pagati. Le famiglie pigmee sono tutte in queste condizioni. Sono quindi molto vulnerabili, soprattutto se devono affrontare spese necessarie».
Suor Lucy Wambua, giovane religiosa dedita allo sviluppo di questo popolo, è determinata a combattere insieme ai suoi pigmei le sfide che ne impediscono lo sviluppo, cercando di sensibilizzarli ai cambiamenti che la globalizzazione del territorio in cui vivono porta con sé.
Per questo, dopo aver studiato la situazione, con le altre suore della comunità comboniana vuole attuare attività formative che coinvolgano soprattutto le donne che godono, nella società pigmea, di grande considerazione.
La Suora ci fa sapere ancora:
«Perché tutti imparino a leggere e scrivere e abbiano maggiore conoscenza dei propri diritti, bisogna organizzare corsi di alfabetizzazione. Inoltre corsi di educazione sanitaria perché le donne possano avere maggiore igiene e cura dei loro bambini.
Cerchiamo poi di coltivare insieme dei campi cosicché possano nutrirsi meglio.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, vorremmo insegnare a cucire vestiti a donne e ragazze. Potranno poi rivenderli ricavandone un piccolo contributo in denaro o scambiandoli con i prodotti della foresta. Aiuteremo i villaggi a costruire case sostenibili che non abbiano tetti di foglie di kola e muri fatti con rami ricoperti di fango. Anche perché, oltre a essere poco igieniche e precarie (durano al massimo due anni), contribuiscono alla deforestazione, con gravi danni per l’ambiente in cui vivono.
Per tale motivo vi chiediamo un sostegno che ci servirà per acquistare sementi e attrezzature agricole, tessuti, sapone e prodotti di igiene da distribuire nei villaggi, oltre che a un aiuto per coprire i costi della formazione».
È un programma diversificato e pieno di ambizione, ma confidiamo che serva alle donne per prendere coscienza dei loro diritti e faccia da motore di uno sviluppo di cui hanno bisogno.
Progetto completato. Grazie ai benefattori!
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