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Nessun uomo è un’isola di don Flavio Dalla Vecchia
Uno dei più profondi autori di spiritualità del ‘900 scrisse un libro dal titolo: Nessun uomo è un’isola. Si trattava di un intenso appello, rivolto soprattutto all’uomo contemporaneo che dispone di imponenti mezzi per entrare in relazione con gli altri e nello stesso tempo vive il dramma di un diffuso individualismo.
Al punto che una corte suprema può impedire a due genitori di decidere se far curare o meno il proprio figlio, oppure che un giudice può garantire la maternità a chi è disposto a pagare profumatamente una donna che non sarà mai riconosciuta come madre del nascituro. L’individualismo emerge poi anche a livello collettivo, quando una grande realtà come l’Europa non sa trovare un accordo per risolvere il problema migratorio.
Sono le contraddizioni di una società che considera il grado di sviluppo cui è giunta come merito e che vede in chi è finora svantaggiato una minaccia al proprio benessere, quando addirittura non si lava la coscienza scaricando su chi è emarginato, povero o sfruttato la colpa della propria condizione.
Superare l’idea dell’isola, significa che «quello che faccio viene fatto per gli altri, con loro e da loro: quello che essi fanno è fatto in me, da me e per me. E a ognuno di noi rimane la responsabilità della parte che egli ha nella vita dell’intero corpo» (Th. Merton).
Per questo Cuore Amico continua a invitare tutti a tendere la mano, a creare ponti di solidarietà, a non lasciare inascoltato l’appello dei tanti missionari e missionarie che operano affinché tutto il corpo, e non solo una ristretta parte, possa crescere e affrontare con dignità le sfide quotidiane.
Aggiornato il 31 luglio 2017
da Redazione Cuore Amico 
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