Ruth ha nove anni, ma i suoi occhi, nero cobalto, sono adulti. Hanno già visto troppe cose: la madre e la sorellina più piccola morte sotto le macerie, la sua abitazione crollata, la scuola rasa al suolo. Tutt'intorno un’atmosfera spettrale di distruzione. È passato poco più di un anno dal terremoto del 16 aprile 2016, duemilacinquecento scosse che hanno infierito soprattutto contro i più poveri. Come Ruth e come quelli che, con lei, abitano a Chiwunga, un villaggio di montagna isolato, nel nord della provincia di Manabi, a una quindicina di chilometri dall'epicentro. In questa zona montagnosa, dove i poveri parlano solo il quechua, la lingua dei nativi, l’opera di ricostruzione procede a fatica.
«La chiesa parrocchiale ha subìto danni strutturali, perciò è tuttora inagibile», spiega padre Walter Coronel, sacerdote che collabora con monsignor Lorenzo Voltolini, vescovo della diocesi di Portoviejo. «I campesinos della zona non hanno strutture dove celebrare e poter condividere la fede. Supportare i bisogni materiali senza considerare le esigenze spirituali di queste comunità sarebbe riduttivo: perciò chiedo ai i benefattori di Cuore Amico di aiutarci a costruire una piccola chiesa». E aggiunge: «Sappiamo che anche nell'Italia centrale si è verificato un forte sisma. Ci sentiamo vicini, in un ideale abbraccio, a tutte le famiglie colpite e continuiamo a pregare per loro».
Padre Walter Coronel, 14 marzo 2017
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